Urbanistica e Edilizia

Edilizia Urbanistica

Edilizia urbanistica. Il diritto urbanistico è quella branca del diritto amministrativo che regola la facoltà di edificare, ossia di costruire nuovi edifici. Nell’ambito del diritto urbanistico rientra anche la materia edilizia. Urbanistica ed edilizia, anche se riguardano entrambe il governo del territorio, vanno però tenute distinte, pur essendo la seconda compresa nella prima. L’urbanistica consiste nell’attività di programmazione e di pianificazione delle modifiche del territorio (i piani urbanistici stabiliscono se è possibile costruire o meno su un determinato territorio). L’edilizia stabilisce, invece, le modalità attraverso cui può realizzarsi la trasformazione territoriale ammessa dal piano (necessità di concessione o meno, caratteristiche dell’edificio, qualità tecniche, ecc.).

L’urbanistica si propone, dunque, di assicurare, pur promuovendo lo sviluppo edilizio delle città, lo sfruttamento razionale di tutto il territorio nazionale, non solo quello urbano, al fine di contenere gli effetti più deleteri di esso (sovraffollamento, inquinamento, alterazioni dell’assetto idrogeologico della zona, inadeguatezza dei servizi. ecc.). In Italia la prima disciplina urbanistica di carattere generale è stata posta dalla Legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) che a lungo è stata il testo base della materia. Successivamente, per colmare alcune lacune rilevate in fase di applicazione, fu necessario emanare una ulteriore legge (L. 6 agosto 1967, n. 765) definita Legge ponte che nacque, appunto, come normativa parziale e provvisoria nella prospettiva di un’imminente riforma urbanistica che ancora oggi non è stata attuata.

Altra legge fondamentale è quella del 28 gennaio 1977, n. 10 (Legge Bucalossi, dal nome del suo promotore) conosciuta anche come legge sui suoli, che ha sancito l’onerosità della concessione edilizia. Nel 1985 è stata, poi, emanata la Legge 28 febbraio 1985, n. 47 destinata a contrastare il dilagante fenomeno dell’abusivismo edilizio, che ha previsto anche un’ampia sanatoria delle costruzioni abusive (primo condono edilizio). In Italia vi sono stati diverse sanatorie edilizie: una nel 1985 (L. 47/85), l’altra nel 1994 (L. 724/94 art. 39) e l’ultima nel 2003 (L. 326/2003). Quelli citati sono solo alcuni dei testi normativi che regolano il diritto urbanistico: la disciplina è, infatti, molto frammentata e ha subito numerose modifiche non solo da parte di provvedimenti normativi, ma anche di numerose sentenze della Corte Costituzionale.


Edilizia Urbanistica – Pianificazione Urbanistica

Edilizia urbanistica. I piani urbanistici costituiscono il principale strumento di controllo e di indirizzo urbanistico: essi hanno lo scopo di determinare l’assetto e l’incremento edilizio dei centri abitati e l’ordinato sviluppo urbanistico del territorio. La legge urbanistica del 1942 – che anche se in parte abrogata da leggi successive rappresenta ancora il testo fondamentale in tema di pianificazione – prevede due livelli di pianificazione. Il primo livello (pianificazione con finalità di assetto del territorio) ha ad oggetto ampie porzioni di territorio (regioni, comprensori intercomunali, comuni) ed ha lo scopo di fornire direttive generali cui devono attenersi i piani urbanistici del secondo livello; questi strumenti urbanistici sono di competenza di Regioni, Comunità Montane, Comprensori costituiti da più Comuni, Comuni e hanno valore a tempo indeterminato.

Il secondo livello di pianificazione (pianificazione di attuazione) è, invece, di competenza esclusivamente comunale e riguarda i singoli aggregati urbani: esso ha lo scopo di dare attuazione ai piani sovraordinati. Facendo corso ad uno schema largamente esemplificativo, può dirsi che la legislazione vigente prevede i seguenti tipi principali di piano:

  1. piani territoriali di coordinamento regionali e sub-regionali, che indirizzano la programmazione e la pianificazione urbanistica dei diversi enti locali al fine di coordinare gli interventi urbanistici ed edilizi in un ambito territoriale più vasto di quello comunale;
  2. piani territoriali provinciali generali, che si estendono sul territorio provinciale; sono caratterizzati da previsioni e norme attinenti la protezione della natura e dell’ambiente, la difesa del suolo e delle acque, la tutela delle bellezze naturali (nel Lazio sono stati istituiti con L.R. 38/99).
  3. piani territoriali paesistici, che si estendono su di un territorio che non coincide necessariamente con limiti amministrativi; sono caratterizzati da previsioni e norme attinenti il solo settore paesistico;
  4. piani urbanistici delle comunità montane, che riguardano più comuni ricadenti in territori di tipo montano;
  5. piani regolatori generali, che riguardano l’intero territorio di un Comune e sono caratterizzati dalla globalità delle previsioni per quel territorio;
  6. programmi di fabbricazione, che possono definirsi come elementari piani regolatori dei Comuni più piccoli; anche questi, come i piani regolatori generali, sono finalizzati alla regolamentazione dell’assetto urbanistico del territorio comunale;
  7. piani particolareggiati di esecuzione e piani di lottizzazione, che si estendono a porzioni del territorio comunale e rappresentano strumenti di attuazione dei piani regolatori generali e dei programmi di fabbricazione;
  8. piani di zona per l’edilizia economica e popolare (art.1 L.167/1962), che si riferiscono a porzioni del territorio comunale da destinarsi, appunto, ad edilizia ad uso abitativo di tipo economico;
  9. programmi pluriennali di attuazione, che sono predisposti per la organizzazione temporale degli interventi, cioè per indicare le priorità da osservare nell’attuazione degli strumenti urbanistici, indicando, nell’ambito del territorio comunale, le zone in cui lo sviluppo edilizio dovrà prioritariamente indirizzarsi.

Edilizia Urbanistica – PRG – Piano Regolatore Generale

Edilizia urbanistica. Il piano regolatore generale (P.R.G.) è lo strumento urbanistico principale: esso fissa le direttive generali di sistemazione del territorio di un Comune. Il piano regolatore generale deve contenere previsioni di localizzazione e di zonizzazione. Per quanto riguarda le localizzazioni, il piano deve contenere la individuazione della rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e la dislocazione delle aree destinate a formare spazi di uso pubblico (ad esempio un parco pubblico), nonché delle aree da riservare ad edifici pubblici (uffici, ospedali, scuole, ecc.) ovvero ad opere e impianti di interesse collettivo o sociale.

Relativamente alle zonizzazioni, il piano regolatore generale deve contenere la divisione del territorio comunale in zone omogenee (centri storici, zone in cui è necessario completare l’edificazione, zone destinate ad attività industriali o agricole, ecc.); l’indicazione delle zone degradate nelle quali si rendono opportuni interventi di conservazione e risanamento (la cui esecuzione avverrà attraverso piani di recupero); la definizione delle norme per l’attuazione del piano. Come già detto, il piano regolatore ha durata a tempo indeterminato; esso però può essere modificato attraverso successive varianti, quando sono modificate le condizioni che avevano giustificato determinate disposizioni dello strumento urbanistico.

La variante è il mezzo attraverso il quale si può procedere alla revisione di un piano urbanistico adottato, quando il piano stesso è divenuto, per il sopravvenire di nuove ragioni, totalmente o parzialmente inattuabile o obsoleto. La variante può essere parziale se riguarda una parte del piano (nuove destinazioni di zona, singoli aspetti normativi, ecc.) oppure totale se riguarda l’intero piano. I piani urbanistici limitano fortemente il diritto del proprietario di un bene immobile: essi, infatti, dividono il territorio in aree con destinazioni diverse (ad uso agricolo, ad edilizia residenziale, ad edilizia industriale, a verde pubblico, ecc.) stabilendo su quali parti del territorio è possibile edificare. Possono vietare anche qualsiasi tipo di intervento e quindi porre dei vincoli che impediscono o limitano l’attività edificatoria al fine di tutelare aree o agglomerati di interesse paesistico, storico, archeologico, artistico, monumentale, ambientale.

Ovviamente il valore di un fondo su cui non è possibile costruire – o su cui la possibilità di costruire è limitata – è inferiore a quello di un fondo destinato, invece, ad un uso che ne consenta un notevole sfruttamento edilizio.


Edilizia Urbanistica – Limiti alla libera Attività Edilizia

Numerosi limiti alla libera attività edilizia sono previsti anche in prossimità di opere o luoghi ad uso pubblico. Si tratta per lo più di obblighi di distanza che chi costruisce è tenuto a rispettare su aree prossime a tali luoghi o manufatti; comunemente queste aree sono definite zone di rispetto. Si indicano di seguito alcune delle principali zone di rispetto:

  1. zone di rispetto dei cimiteri
  2. di rispetto delle ferrovie
  3. zone di rispetto del demanio marittimo (art.55 codice navigazione)
  4. di rispetto degli aeroporti
  5. zone di rispetto delle aree doganali
  6. di rispetto delle acque pubbliche

Oltre alle zone di rispetto di cui sopra il nuovo Codice della strada (D.Lgs. 30.04.1992 n.285) ha ridisciplinato le distanze dalle strade da osservarsi fuori dei centri abitati. Altra importante limitazione all’attività urbanistica ed edilizia è stata imposta per combattere il triste fenomeno degli incendi dolosi di boschi finalizzati alla speculazione edilizia; la materia è attualmente disciplinata dalla L. 21.11.2000 n.353. Gli aspetti normativi di un PRG sono contenuti nelle norme tecniche di attuazione.


Edilizia Urbanistica – Piano di zona per l’Edilizia Popolare Economica 

Per garantire a tutti i cittadini il diritto alla casa, lo Stato è intervenuto con numerosi provvedimenti legislativi al fine di incrementare l’edilizia pubblica, cioè l’attività di costruzione di alloggi popolari con finanziamenti in tutto o in parte statali. Tali provvedimenti in alcuni casi si sono limitati a favorire l’attività creditizia, ossia la concessione di mutui agevolati a favore delle categorie più disagiate di cittadini, in altri casi sono stati diretti ad incentivare la costruzione di case di tipo popolare, attraverso esenzioni fiscali e finanziamenti delle opere di urbanizzazione. Il provvedimento più importante in tal senso è stata la Legge 18 aprile 1962, n. 167 (modificata e integrata dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865), che ha istituito i piani di zona per l’edilizia economica e popolare, da inquadrare nel piano regolatore generale o nel programma di fabbricazione al fine di evitare che la programmazione dell’edilizia economica e popolare assuma il carattere di una pianificazione settoriale non in linea, dunque, con la pianificazione dell’intero organismo urbano.

Il piano di zona (obbligatorio per tutti i Comuni tenuti a formare i programmi pluriennali di attuazione) deve, dunque, individuare le aree dove costruire case economiche e popolari, scegliendole di regola, nelle zone destinate ad edilizia residenziale nei piani regolatori e preferibilmente in quelle di espansione dell’aggregato urbano. L’approvazione del piano comporta la dichiarazione di pubblica utilità di opere, impianti ed edifici in esso previsti e tutte le aree comprese nel piano vanno acquisite per espropriazione. Una porzione di tali aree andrà a far parte del demanio comunale ed il Comune potrà soltanto cedere, a coloro che intendano promuovere iniziative costruttive, il diritto di superficie (per una durata non inferiore a 60 anni e non superiore a 99 anni). La porzione residua può essere venduta a cooperative o singoli acquirenti che siano in possesso dei requisiti previsti dalle disposizioni vigenti per l’assegnazione degli alloggi economici e popolari.


Edilizia Urbanistica – I Parcheggi

Edilizia urbanistica. L’emergenza parcheggi, cioè la carenza di posti auto coperti o scoperti destinati alla sosta dei veicoli, è uno dei più grossi problemi che le amministrazioni comunali, soprattutto nelle grandi città, sono chiamate attualmente ad affrontare. Anche in questo settore, il legislatore è più volte intervenuto dettando norme diverse per due tipi di parcheggio, quello pubblico e quello privato.

Parcheggi pubblici: secondo quanto dispone il D.M. 2 aprile 1968, i Comuni nella formazione dei loro piani urbanistici devono riservare per ogni cittadino almeno 2,5 mq. di superficie da adibire a parcheggio pubblico (ma tale disposizione non è quasi mai stata rispettata). La legge 24 marzo 1989, n. 122 (detta anche legge Tognoli, dal nome del suo promotore) introduce, poi, il Programma urbano dei parcheggi (PUP) finalizzato a favorire il decongestionamento dei centri urbani mediante la creazione di parcheggi nonché l’imposizione di regole sulla circolazione e la sosta dei veicoli nelle aree urbane. L’approvazione del piano costituisce (come il piano particolareggiato) dichiarazione di pubblica utilità: per cui, qualora un parcheggio pubblico venga localizzato su aree di proprietà privata, il Comune potrà procedere direttamente all’espropriazione delle aree medesime.

Parcheggi privati: la legge 24 marzo 1989, n. 122 dispone che in tutti gli edifici nuovi devono essere riservate a parcheggio delle aree, in misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione. Negli edifici già esistenti l’art. 9 della legge n. 122/1989, come modificato dal T.U., consente ai proprietari di immobili di realizzare (nei locali siti al piano terreno o nel sottosuolo dell’edificio) parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari (ossia dei singoli appartamenti), anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi. Oltre a ciò l’art 9 stabilisce che i comuni possono consentire la realizzazione di parcheggi di pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse previa cessione del diritto di superficie a privati per una durata massima di novanta anni. Sia i parcheggi realizzati in edifici privati, sia quelli realizzati su suolo o sottosuolo pubblico in diritto di superficie, costituendo una pertinenza dell’immobile principale, non possono essere ceduti separatamente dall’appartamento al quale sono legati (e i relativi atti di trasferimento sono nulli).

Successivamente il decreto semplificazioni (D.L. 9/2/2012 n. 5) convertito con la legge 35/2012, (pubblicata sulla G.U. del 6 aprile) ha affrontato il tema dei parcheggi pertinenziali e nel farlo ha determinato una disparità di trattamento tra i parcheggi realizzati all’interno di immobili privati e quelli realizzati sopra o sotto il suolo pubblico. Infatti è stata introdotta la possibilità di vendere i posti auto realizzati nelle aree private ricostituendo il vincolo di pertinenzialità con altra unità immobiliare (diversa da quella del vincolo originario) compresa entro lo stesso territorio comunale. Invece, per le realizzazioni attuate in virtù del comma 4 dell’art. 9 della legge 122/89 (i parcheggi realizzati sotto il suolo pubblico) non è cambiato l’impedimento a separare tali parcheggi dalle unità immobiliari a cui essi sono stati vincolati, “ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il Comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione”.


Edilizia Urbanistica – L’Attività Edilizia

Con il termine edilizia, spesso usato in unione o in alternativa al termine urbanistica, si indica la branca del diritto urbanistico che si occupa specificatamente degli aspetti esecutivi dell’attività edilizia. Per attività edilizia si intende, inoltre, la costruzione di manufatti stabili destinati a soddisfare bisogni abitativi (case, palazzi, strade, ecc.) o produttivi (fabbriche, uffici, negozi, centri commerciali, centri direzionali, ecc.). Il primo strumento attraverso i quali la Pubblica Amministrazione, dopo aver provveduto alla pianificazione urbanistica generale, controlla e regola il concreto esercizio del diritto di edificare è il regolamento edilizio. Il regolamento edilizio è lo strumento urbanistico che tutti i Comuni sono obbligati a predisporre: esso contiene norme pratiche relative all’edificazione, cioè all’attività di costruzione, al fine di garantire l’incolumità pubblica, l’igiene estetica e l’ordinato sviluppo dei centri abitati. Se i piani urbanistici stabiliscono se, cosa e quando edificare, il regolamento stabilisce come edificare. In termini concreti, la differenza si può così sintetizzare: il piano urbanistico stabilisce dove costruire – il regolamento edilizio stabilisce come costruire.

Edilizia Urbanistica – Il Testo Unico in materia di Edilizia

Il Testo unico in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n.380), riunisce e riordina tutte le norme in materia edilizia (sia quelle relative alle forme di assenso degli interventi edilizi che la normativa tecnica) tentando di ricondurre ad unità organica il complesso materiale normativo sparso nei numerosi provvedimenti relativi all’edilizia emanati dal 1942 ad oggi. Oltre a permettere una più semplice leggibilità e applicabilità della esistente disciplina edilizia il T.U. contiene anche numerose novità che qui si riassumono brevemente e di cui si tratterà nei prossimi paragrafi. La novità più rilevante è la riduzione degli atti che permettono di costruire a due soltanto. Mentre prima per realizzare un intervento edilizio era necessario ottenere la Concessione edilizia o l’Autorizzazione gratuita ovvero presentare, per opere di minor impatto urbanistico, la Denuncia di inizio attività, il Testo unico prevede solo il permesso a costruire (nuova denominazione della concessione edilizia) e la denuncia di inizio attività, con conseguente soppressione dell’autorizzazione gratuita. L’altra novità consiste nella istituzione dello sportello unico dell’edilizia al fine di snellire le procedure per il rilascio del permesso a costruire.


Edilizia Urbanistica – Dalla licenza Edilizia al Permesso a Costruire 

L’art. 31 della Legge urbanistica del 1942 introdusse per la prima volta l’obbligo per il proprietario che intendesse eseguire nuove costruzioni, ampliare o demolire quelle esistenti, di ottenere dal Comune la licenza edilizia. La Legge n.10 del 1977 ha sostituito la licenza edilizia con l’istituto della concessione edilizia per tutte le attività riguardanti la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale. La concessione edilizia veniva rilasciata dal Comune dietro pagamento di un contributo commisurato all’incidenza delle spese di urbanizzazione ed al costo di costruzione dell’opera. La Concessione edilizia era, dunque, onerosa. Erano soggette a concessione tutte le attività comportanti trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio, vale a dire nuove costruzioni, gli ampliamenti, le modifiche o le demolizioni di quelle esistenti nonché le opere di urbanizzazione del terreno. Con il Testo unico in materia edilizia (D.P.R. 6 luglio 2001, n. 380) entrato in vigore il 30 giugno 2003, la Concessione edilizia è stata sostituita dal permesso di costruire. In realtà si tratta solo di una modifica terminologica, perché in sostanza l’istituto è rimasto lo stesso.

Allo scopo di evitare che una costruzione autorizzata in un determinato momento venga realizzata quando la situazione ambientale ed urbanistica è mutata, nell’atto di permesso devono essere indicati il termine di inizio (non superiore ad un anno) e quello di ultimazione degli interventi (non superiore a tre anni). Se non vengono rispettati questi termini, il permesso decade. Il rilascio del permesso di costruire è subordinato al pagamento da parte del richiedente di un contributo, cioè una somma di denaro, commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione deve essere corrisposta al Comune all’atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell’interessato, può essere rateizzata. La quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all’atto del rilascio, è corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione.


Possono essere realizzati solo se il Comune rilascia il permesso di costruire (art. 10 Testo unico) i seguenti interventi:

  1. le nuove costruzioni, cioè la costruzione di nuovi edifici fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di      quelli esistenti all’esterno della sagoma già costruita;
  2. gli interventi di ristrutturazione urbanistica (sostituzione dell’esistente tessuto urbanistico – edilizio con un tessuto diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi);
  3. gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportano aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee “A”, comportino mutamenti della destinazione d’uso.

Fino all’entrata in vigore del Testo unico, per alcuni tipi di interventi minori (manutenzione straordinaria, recupero abitativo di edifici esistenti, impianti tecnologici, ecc.) non era necessaria la Concessione edilizia, ma era sufficiente ottenere dal Comune una autorizzazione gratuita, per la quale era prevista anche una procedura più semplice di rilascio. Per accelerare la procedura di autorizzazione degli interventi edilizi di minore impatto, la Legge n. 662/1996 aveva previsto la possibilità di realizzare alcune opere presentando una semplice denuncia di inizio attività (D.I.A.). L’istituto della D.I.A. ha trovato, poi, disciplina negli artt. 22 e 23 del T.U. dell’edilizia n. 380/2001: l’interessato doveva presentare la denuncia di inizio dell’attività “almeno 30 giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori”, ed il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro tale termine veniva “riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite, notificava all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento”: diversamente l’interessato poteva intraprendere la preannunciata attività.

Edilizia urbanistica. Gli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia di inizio attività erano individuati in via residuale, sono cioè quelli che non erano espressamente sottoposti a permesso di costruire. In base all’art. 22 del Testo unico erano, inoltre, realizzabili mediante denuncia di inizio attività:

  1. gli interventi di ristrutturazione mantenendo le stesse volumetrie e sagome;
  2. interventi di nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica qualora disciplinati da piani attuativi;
  3. gli interventi di nuova costruzione qualora in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

C.I.L. – Certificato Inizio Lavori

Successivamente la disciplina riguardante l’attività edilizia minore è stata modificata e attualmente la situazione è la seguente. Per i lavori di manutenzione ordinaria (tinteggiatura delle pareti, sostituzione di pavimenti e rivestimenti, sostituzione dei serramenti esistenti con altri aventi le stesse caratteristiche) è sufficiente che l’avente diritto presenti una Comunicazione di inizio lavori (C.I.L.).

C.I.L.A. – Certificato Inizio Lavori Asseverata 

Per quelli di manutenzione straordinaria, che però non prevedano interventi sulle strutture, modifiche della destinazione d’uso o del numero di unità immobiliari, (spostamento delle pareti interne non portanti, sostituzione di infissi con altri aventi caratteristiche diverse, realizzazione di nuovi impianti o modifica radicale di quelli esistenti con la loro messa a norma, ecc.) è invece richiesta la Comunicazione di inizio lavori asseverata (C.I.L.A.). Sarà quindi necessario l’intervento di un tecnico abilitato che asseveri, mediante un’apposita relazione, che l’intervento è conforme a tutte le normative vigenti in materia e alleghi gli elaborati di progetto che lo descrivano.

S.C.I.A. – Segnalazione Certificata Inizio Attività

Nel caso in cui l’intervento di manutenzione straordinaria non sia tra quelli per i quali è sufficiente una Cila, bisognerà invece presentare una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (S.C.I.A.). La S.C.I.A. è richiesta anche per interventi di ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo. Tale procedura è stata introdotta di fatto in sostituzione della Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.) ma, quest’ultima, continua in realtà ad esistere, in virtù dell’autonomia legislativa di Regioni e Comuni, che prevedono procedure diverse. Le Regioni possono – con legge – ampliare o ridurre l’ambito applicativo della D.I.A., definendo criteri e parametri per la determinazione del contributo di costruzione. Per le opere realizzabili con C.I.L.C.I.L.A. o S.C.I.A. non è necessario attendere i 30 giorni prima dell’inizio dei lavori.

Edilizia Urbanistica – Edilizia Privata modifiche alla disciplina

Ulteriori modifiche alla disciplina riguardante l’edilizia privata sono state introdotte con il D.L. 133/2014. In attesa della conversione in legge del decreto si riporta di seguito una elencazione sintetica degli argomenti su cui il D.L. interviene con modifiche: ampliamento della definizione di “manutenzione straordinaria”; asseverazione comunicazione inizio lavori; aggiornamento catastale d’ufficio; interventi di ristrutturazione edilizia sottoposti a permesso di costruire; permesso di costruire in deroga anche alle destinazioni d’uso; termini per inizio e fine lavori; segnalazione certificata di inizio attività per varianti non essenziali ad interventi assentiti da permesso di costruire; Disciplina del mutamento della destinazione d’uso.

Edilizia Urbanistica – Certificato di Agibilità

Una volta terminati i lavori, le opere realizzate possono essere utilizzate solo in seguito al rilascio di una autorizzazione da parte del Comune: il certificato di agibilità con cui il Comune si accerta che nelle nuove costruzioni sia garantita la salvaguardia della salute dei cittadini in ogni ambiente di vita e di lavoro. Il Testo unico in materia edilizia ha abrogato tutte le disposizioni previgenti e ha disciplinato il rilascio del certificato di agibilità, di cui ha provveduto a semplificare il procedimento. E’ stata inoltre apportata una modifica di tipo terminologico: mentre prima si faceva distinzione, non senza qualche confusione, tra licenza di abitabilità per gli immobili ad uso abitativo e licenza di agibilità per gli immobili non residenziali, il T.U. ha eliminato il duplice riferimento. Per cui con l’entrata in vigore del T.U. esiste solo il Certificato di Agibilità.

Edilizia Urbanistica – Legislazione Speciale in materia Edilizia 

Numerose sono le leggi speciali che dettano norme in materia edilizia per meglio regolamentare l’attività edificatoria del privato. Alcune di queste sono state riprodotte e riordinate dal T.U. in materia edilizia. Si riporta di seguito l’elencazione delle norme più importanti:

  1. antisismiche
  2. sulle opere in cemento armato
  3. sull’igiene nell’edilizia
  4. sulle barriere architettoniche (es.: L.13/89)
  5. per la sicurezza degli impianti ( es.: L.46/90 sostituita dalla L.37/08)
  6. sull’igiene e la sicurezza degli ambienti di lavoro (es.: D. Lgs.626/94 sostituito dal D.Lgs.81/08 poi integrato e modificato dal D. Lgs.1066/09)

L’Abusivismo Edilizio e il Condono

Edilizia urbanistica. Per abusivismo edilizio si intende quel fenomeno purtroppo in Italia quanto mai diffuso e generalizzato, concernente la costruzione di edifici e la realizzazione di opere in contrasto con le leggi e i piani urbanistici emanati dai Comuni. In senso stretto è abusivo l’immobile costruito in difformità o in mancanza di Concessione edilizia (ora permesso di costruire). In senso più ampio può essere definito abusivo ogni immobile costruito in violazione di norme di legge come ad esempio le opere edificate in violazione dei vincoli paesistici, storici, stradali e ferroviari; vi rientrano anche le costruzioni su suolo demaniale. Il Testo unico in materia edilizia (D.P.R. 380/2001) reprime severamente gli abusi edilizi ed urbanistici, prevedendo tre tipi principali di sanzioni: amministrative, civili e penali.

a) Sanzioni amministrative: a seconda del tipo di violazione edilizia commessa, la legge prevede poi diversi tipi di sanzione amministrativa: 

  • se si tratta di opere realizzate in assenza di permesso, in totale difformità o con variazioni essenziali, il dirigente dell’ufficio comunale deve ingiungere la demolizione dell’opera abusiva, al fine di ripristinare lo stato dei luoghi. Se entro 90 giorni dalla notifica dell’ingiunzione, il proprietario (ovvero, il responsabile dell’abuso) non ha demolito l’opera o non ha ripristinato lo stato dei luoghi, l’opera abusiva viene acquisita nel patrimonio del Comune (in sostanza il bene viene espropriato) per poi essere demolita direttamente dal Comune ma a spese del responsabile;
  • in caso di opere eseguite in parziale difformità dal permesso di costruire, il responsabile dell’abuso verrà condannato al pagamento di una sanzione pecuniaria se le opere non possono essere rimosse senza pregiudizio della parte conforme al permesso;
  • nei casi in cui l’esecuzione di interventi edilizi e sul territorio poteva essere preceduta dalla denuncia di inizio attività, dovrà applicarsi una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione delle opere eseguite e comunque mai inferiore a 516 euro.

b) Sanzioni civili: accanto alle sanzioni amministrative, volte a colpire in modo diretto l’attività abusiva di trasformazione del territorio, il T.U. ha previsto anche altre misure destinate ad arginare il fenomeno dell’abusivismo, prevalentemente rivolte a limitare ed impedire la circolazione di edifici e parti di essi illegittimamente costruiti: in sostanza chi è il proprietario di un immobile abusivo non può venderlo o trasferirlo a terzi. Sono, infatti, dichiarati nulli gli atti di disposizione (vendita, permuta, donazione, ecc.) di edifici o loro parti (realizzati dopo il 1985) se in essi non sono indicati gli estremi del permesso di costruire (o del condono): ovviamente se si tratta di immobili abusivi realizzati cioè senza permesso, tali estremi non potranno essere indicati e, dunque, gli atti saranno nulli.

c) Sanzioni penali: sono ovviamente queste le sanzioni più gravi in cui può incorrere il responsabile di un abuso edilizio: la realizzazione di opere abusive è, infatti, considerata reato punito con la reclusione fino a 2 anni e con l’ammenda fino a 103.290 euro. Esse sono disposte in aggiunta alle sanzioni amministrative. Di fronte al dilagare del fenomeno dell’abusivismo edilizio, le autorità si sono trovate nell’impossibilità di reprimere tutti gli abusi edilizi commessi ed il legislatore è dovuto più volte intervenire per sanare (ossia rendere legittime) molte opere realizzate in contrasto con le prescrizioni urbanistiche ed edilizie ed in assenza o in difformità di concessione.

La legge n. 47/1985 dispose così la possibilità di condonare, dietro pagamento al Comune di un’oblazione, cioè di una determinata somma di danaro, le costruzioni ultimate entro il 1° ottobre 1983 ed eseguite senza concessione edilizia o autorizzazione, ovvero in difformità dalle stesse. Fu questo il primo condono edilizio.

Il legislatore dispose un secondo condono con l’art. 39 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 per le opere ultimate entro il 31 dicembre 1993. L’ultimo condono è stato disposto dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 per le opere ultimate entro il 31 marzo 2003. L’articolo 36 del Testo unico prevede, infine, una sanatoria generale per le opere che seppur realizzate in assenza o in difformità del permesso richiesto per la loro esecuzione, sono sostanzialmente conformi alla legge e agli strumenti urbanistici (si parla a proposito di abusi puramente formali), dietro pagamento di una somma di danaro (oblazione).

Share on Social Media